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Il sardo-leghismo ha vinto, ma quale direzione deve prendere il centro-sinistra?
- 27 Febbraio 2019
- Salvatore Mura*
Più che di "vento sardista" si tratta di "vento leghista". Sono troppe le differenze rispetto agli anni Ottanta. Allora il Psd'az era rivolto a sinistra, oggi è girato a destra. Non è un dettaglio privo di significato. Ma Solinas ha stravinto – ci diranno. Non c'è dubbio.
È stato un buon tattico, che ha curato con particolare attenzione le sue ambizioni (legittime, per carità!) e gli interessi del suo partito. Vedremo, sin da subito, se sarà anche un buon presidente. Dovrà affrontare problemi importanti, che non sono risolvibili in 48 ore. La Sardegna intera lo aspetta alla prova dei pastori, alla prova dei trasporti, alla prova dell'occupazione, alla prova della sanità, alla prova della dispersione scolastica (ma l'elenco sarebbe troppo lungo).
Al centro-sinistra il compito di riflettere sull'esperienza passata, di approfondire e di studiare, ma anche quello di riorganizzarsi, di avviare un ricambio generazionale, di mettere in campo nuove idee. Non è sufficiente il leader, anche se come Zedda. Serve di più, molto di più. Bisogna ritrovare il coraggio di combattere le diseguaglianze e i privilegi. Se la sinistra non cerca una politica fiscale redistributiva, non denuncia i limiti del libero mercato e della globalizzazione, non propone l'intervento pubblico nell'economia, non sta vicino ai problemi dei giovani, non sta dalla parte dei più deboli, non è sinistra, è qualcos'altro. Forse è il caso di riconoscere, anche in Sardegna, che c'è stato un periodo di sbandamento, durante il quale la gerarchia dei valori e l'ordine delle priorità sono stati stravolti.
Il centro-sinistra assuma una posizione critica nei confronti del suo recente passato, faccia un bagno di umiltà, ammetta i propri limiti. Scegliere soprattutto di difendere le scelte politiche compiute negli ultimi anni, come ha fatto nella campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento l'anno scorso, non porta lontano, in particolare non porta nei piccoli paesi e nelle periferie delle città.
Nella storia italiana la sinistra (compresa anche la parte della Dc che si rifaceva alla dottrina sociale della Chiesa) si è spesso trovata avanti. Oggi, invece, è in grave ritardo: non ha grandi teorici di riferimento (gli intellettuali e gli scienziati non ne sono attratti); non ha un'idea di società alternativa a quella attuale; litiga troppo; non è creativa; è indietro sulle innovazioni tecnologiche; ha difficoltà a rapportarsi con la comunicazione in rete; non rappresenta i bisogni dei giovani; sembra più preoccupata dalle difficoltà che incontrano gli imprenditori che dalla difesa dei diritti dei lavoratori; è poco socialista (non insiste sull'intervento pubblico nell'economia né assume un atteggiamento davvero critico nei confronti del capitalismo); è troppo neoliberista (taglia gli enti intermedi e sostiene le privatizzazioni).
L'attuale centro-sinistra è in conflitto con le aspettative del suo popolo naturale che lo dovrebbe sostenere. È necessario, perciò, rimettere ordine ai principi fondamentali di riferimento. Non si deve ricominciare da zero. Ci sono quasi due secoli da cui attingere. Bisogna scegliere quali idee, quali paradigmi culturali, quali pensatori portare con sé nel futuro; e quali, invece, consegnare al passato, definitivamente. Rileggere Antonio Gramsci e Giorgio Amendola, Pietro Nenni e Antonio Giolitti, Aldo Moro e Giorgio La Pira – e i sardi Renzo Laconi, Sebastiano Dessanay, Paolo Dettori (soltanto per citarne alcuni) – può essere molto utile. Non è mai troppo tardi per riconoscere i propri padri, e fare tesoro della loro lezione. Il mondo è cambiato, ma le diseguaglianze non sono diminuite, gli sfruttati non sono scomparsi. È il momento di decidere, anche con una certa radicalità, chi deve essere primariamente rappresentato, e schierarsi da quella parte. Con un obiettivo, sempre in mente, costruire un'idea di società giusta, «preoccupata – come ha scritto Nadia Urbinati – di ristabilire le condizioni della dignità delle persone». Perché, in questo mondo sempre più difficile da interpretare e dove sembra regnare in tutti i campi il precariato, è fondamentale innovare e rassicurare, cambiare e proteggere. La classe politica che non riesce a farlo si scontra con le aspettative e gli interessi di chi sta in basso (cioè la maggioranza della società sarda).
* Ricercatore Università di Sassari